Il pane al carbone vegetale, ma davvero fa bene?
Il carbone vegetale va molto di moda, ultimamente. Si è visto nel pane, nella pizza, e persino – orrore! – nella mozzarella. Si è letto di tutto, per esempio cose tipo “Il pane al carbone vegetale è un’ottima alternativa al pane comune poiché permette di assumere le proprietà benefiche del carbone vegetale direttamente con il consumo quotidiano di pane.”
Vero? Secondo l’Assipan si tratta solo di un colorante per uso alimentare (E153), disciplinato dal Regolamento (CE) N. 1333/2008, il cui uso è però vietato nel pane – con esclusione del pane in cassetta – dalla normativa vigente.
Per cui, sappiatelo: se state comprando pane al carbone vegetale state semplicemente comprando del pane colorato di nero che, oltretutto, non rispetta la normativa vigente in materia di produzione di pane. Le sue virtù note da tempo, infatti, sono valide se riferite ad integratori a base di carbone vegetale. Ma in pane o pizza o altro, finiscono per svanire grazie alla scarsa concentrazione.
“Una cosa è l’utilizzo come integratore, un’altra è l’uso alimentare, il carbone vegetale viene usato al momento del bisogno e chi lo mangia con continuità attraverso i prodotti da forno non può pensare di prevenire in questo modo i disturbi intestinali”. I prodotti da forno, come tutti quelli lievitati, possono dare una spiacevole sensazione di gonfiore. In alcuni casi anche bruciore di stomaco. Ma una pizza con il carbone vegetale non è più digeribile. L’effetto c’è, ma è talmente blando da non essere percepibile”
Pane, panini, biscotti e cornetti al carbone vegetale fanno bene soprattutto a chi li produce. Da Assopanificatori-Confesercenti fanno sapere che le vendite di questi prodotti sono aumentate nel corso dell’ultimo anno e che il prezzo al chilo va dai 6,50 agli 8 euro, contro i 3-4 €/Kg del pane di grano duro. Il doppio. Anche perché un chilo di “farina nera” costa al panettiere circa 25 euro al chilo.
Ecco la nota dell’assipan .
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