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Ovvero delle Paste Lievitate, altrimenti dette Impasti Acidi (un lavoro a 4 mani di Ciccioformaggio e Gic) |
Una premessa
Molto probabilmente, se state cominciando a leggere queste pagine, siete interessati a fare da voi
il pane. Bene. Ma non è il pane che vi insegneremo a fare bensì una cosa molto più importante:
il Lievito Naturale. Base indispensabile per fare pane e non solo… Panettoni, Colombe, Pandori sono dolci che hanno bisogno del Lievito Naturale. Le ricette di tutte queste preparazioni sono in altra parte del sito.
Tuttavia faremo un rapido accenno alla lievitazione, che è il risultato primo dell’uso di un qualsiasi agente lievitante.
La lievitazione è la fase più importante del processo tecnologico che conduce alla realizzazione di un prodotto da forno. Queste fasi sono 4 e, in ordine di esecuzione, sono ordinate così:
- l’impastamento;
- la puntata (prima fase di lievitazione che intercorre tra la fine dell’impastamento
e l’inizio della fase di appretto);
- l’appretto (fase che comprende le lavorazioni successive alla puntata come le girate, il taglio, la formatura e la seconda fase di lievitazione fino al raggiungimento dell’optimum fermentativo);
- la cottura.
In queste 4 fasi avviene, in buona sostanza, il processo chimico-fisico di trasformazione
degli amidi della farina in prodotti digeribili dal nostro organismo, attraverso una serie
di modificazioni intermedie indotte dal processo tecnologico che, tutte insieme, hanno lo scopo
di rendere la massa impastata meno densa e più sviluppata in volume. La fase finale del processo
tecnologico, la cottura, conclude le modificazioni chimiche e fisiche indispensabili per
l’ottenimento del prodotto da forno: con l’aumentare della temperatura prosegue l’azione
degli enzimi che in seguito vengono inattivati dal calore e si verifica la morte dei lieviti,
la denaturazione delle proteine, la gelatinizzazione dell’amido, l’aumento di volume della massa
per effetto dell’evaporazione dei gas di fermentazione, la stabilizzazione della struttura,
la differenziazione tra crosta e mollica, la colorazione della crosta, la formazione dell’aroma
e, nel caso del pane, della croccantezza.
Cos’è il Lievito Naturale?
Il Lievito Naturale è un composto ottenuto dalla fermentazione spontanea di un impasto
composto da farina di frumento e acqua, nel quale sono presenti microrganismi di specie diverse:
in particolare lieviti del genere Saccaromiceti e batteri lattici; questi ultimi sono, in
prevalenza, Lactobacilli e Streptococchi.
Questi microrganismi si riproducono alimentandosi di zuccheri semplici (il saccarosio) e,
in parte, di zuccheri complessi contenuti nell’amido delle farine; zuccheri che vengono
trasformati principalmente in gas (l’anidride carbonica) e, in misura minore, in alcool
(l’etanolo), in acido acetico, in acido lattico, in diacetile ed in acetaldeide.
L’insieme di questa attività biologiche viene comunemente definita “fermentazione” e
costituisce la parte più importante nel processo di produzione delle paste lievitate.
L’anidride carbonica prodotta induce un aumento di volume dell’impasto (tale attività è
la “lievitazione” cui abbiamo fatto cenno in premessa) che viene contrastato dalla struttura
glutinica della farina che, essendo elastica, si oppone all’espansione del gas di anidride
carbonica, racchiudendolo all’interno degli alveoli.
Con questo processo si ottiene un impasto poroso che, durante la cottura in forno, si trasforma
in prodotto morbido e soffice, conservando a lungo queste qualità che sono la caratteristica
dei prodotti ottenuti con le paste lievitate.
I prodotti ottenuti dalla lavorazione con Lievito Naturale (Panettone, Colomba, Pandoro, Babà ed
altri) sono inoltre caratterizzati da uno specifico e gradevole aroma apportato da particolari
composti risultanti dalle fermentazioni secondarie tipiche ed esclusive del Lievito Naturale.
Gli agenti fermentanti
I microrganismi che si sviluppano nell’impasto acido producono, durante la fermentazione,
sostanze che caratterizzano il sapore e l’aroma del prodotto e lo rendono più lungamente
conservabile. I prodotti di fermentazione che influiscono sull’aroma sono acidi organici
(l’acido acetico e l’acido lattico) e prodotti secondari quali diacetile e acetaldeide, tipici
della fermentazione lattica. Dalla fermentazione dei lieviti e dei batteri lattici ha origine
anche una sostanza che contribuisce a rallentare il raffermamento del prodotto: la glicerina,
che funziona da emulsionante naturale ed ha anche un lieve effetto antimuffa. La microflora
presente nel Lievito Madre produce anche enzimi che influenzano le qualità reologiche della
farina, agendo su alcune componenti carboidratiche e proteiche. Gli enzimi prodotti sono
pentosanasi, che degradano i pentosani, abbassando la viscosità dell’impasto, proteinasi
e peptidasi che intervengono sulle proteine, aumentandone la frazione solubile in acqua.
I prodotti ottenuti con impasti acidi hanno però bisogno di tempi più lunghi di lavorazione
affinché avvengano le modificazioni citate (20-24 ore).
Le già menzionate caratteristiche di variabilità degli impasti acidi tradizionali hanno reso
particolarmente difficile la corretta identificazione dei microrganismi fermentanti.
Gli studi effettuati a tale proposito non sono molti e riguardano, in prevalenza, gli impasti
usati per la preparazione di prodotti lievitati (per esempio: il Panettone…) dove sono stati
individuati batteri lattici del genere Lactobacillus (e tra questi gli omofermentanti L.
dèlbrueckii, L. planctarum. L. leichmanii, L. casei e gli eterofermentanti L. brevis, L.
fermentum, L. pastorianus. L. buchneri; con minore frequenza sono state riscontrate specie
dei generi Leuconostoc, Pediococcus e Streptococcus).
Per quanto riguarda i lieviti, il principale agente fermentativo è il Saccharomyces Cerevisiae.
La fermentazione
Gli elementi critici di un corretto processo di fermentazione sono:
- la farina;
- l’acqua necessaria all’impasto;
- la temperatura di fermentazione;
- il pH.
Quali farine impiegare?
Il tipo di farina impiegata influisce sul tempo di “maturazione” dell’impasto, cioè sul tempo
necessario alla formazione dell’acidità dei composti aromatici e della struttura ottimale
necessaria per l’ottenimento di un buon prodotto. Ad esempio: le farine ad alto tasso di
estrazione richiedono un tempo più lungo rispetto a quelle a basso tenore di estrazione per
il raggiungimento di un pH idoneo. Altro esempio: in un impasto di farina integrale, a causa
dell’elevato potere tampone, lo sviluppo dei microrganismi e l’acidificazione dell’impasto
procedono più lentamente rispetto agli impasti di farine normali.
L’acqua necessaria all’impasto
I tempi di fermentazione dipendono anche dalla quantità di acqua assorbita durante l’operazione
di impasto: più elevata è l’idratazione, più rapida è la moltiplicazione microbica e più efficace
sarà la fermentazione. Occorre sottolineare che se si impastasse con valori vicini al 100% di
assorbimento, si avrebbe una eccessiva diluizione delle sostanze nutritive disponibili per i
microrganismi con conseguente riduzione dell’acidificazione. La consistenza dell’impasto
influisce sul rapporto tra acido lattico e acido acetico: impasti poco consistenti (maggior
idratazione) favoriscono lo sviluppo dei batteri lattici (maggior contenuto di acido lattico),
impasti molto consistenti (minore idratazione) favoriscono lo sviluppo dei S. Cerevisiae con
prevalenza di acido acetico.
Le temperature di fermentazione
La temperatura dell’impasto è un fattore molto importante in quanto condiziona l’attività
microbica e quindi l’andamento della fermentazione e il valore di pH. Il valore critico di
pH, per l’attività microbica dell’impasto, è circa 4, raggiunto il quale si ha un rallentamento
dell’acidificazione. Questo valore di pH si ottiene in tempi tanto minori quanto più alta è la
temperatura. Temperature superiori ai 30 °C favoriscono i batteri lattici, di conseguenza si
ha un aumento della produzione di acido lattico, che conferisce al prodotto un aroma
indesiderato che permane nel prodotto finito, poiché l’acido lattico non evapora in fase
di cottura.
Temperature attorno ai 25 °C favoriscono lo sviluppo dei lieviti che producono acido acetico.
Il pH
Il valore del pH raggiunto dall’impasto acido è estremamente importante per una buona riuscita
del prodotto finale. È proprio dal grado di acidità che dipende l’attività enzimatica e di
conseguenza quelle caratteristiche di grana e tessitura della mollica, di colorazione della crosta,
di aroma e resistenza al raffermamento che caratterizzano il prodotto finito. Ottimale
per i diversi tipi di prodotti da forno (Panettone, Colomba, Pandoro ed altri) è un pH intorno
a 4,8.
Come misurare il pH?
La semplice cartina al tornasole non è sufficiente. Occorre quantomeno disporre di quelle con
scala colorimetrica (si possono trovare in negozi di articoli medicali e/o in farmacie ben
fornite), scegliendo un tipo che operi la misurazione in un intervallo compreso tra 3
e 8. Anche il piaccametro non è lo strumento ideale per il Lievito Madre in quanto
lo strumento misura solo le punte massime di acidità e alcalinità.
Come produrre il Lievito Madre
L’elemento attivante del processo di fermentazione può essere costituito da un frutto molto
maturo ricco di sostanze zuccherine (ad esempio: albicocca, mela, uva, luppolo ed altri) in
forma di polpa. Altri elementi essenziali sono: acqua potabile, non troppo dura, non troppo
ricca di sali minerali, con un pH intorno a 5/6, priva di odori sgradevoli, priva di cloro, con
una temperatura intorno ai 20 °C - 21 °C, non bollita. Farina di grano tenero tipo “00” di una
certa forza (attorno a W 380) molto equilibrata (attorno a P/L 0,55) e caratterizzata da una buona
qualità del glutine.
L’impasto di base
1. Frullare il frutto scelto con la propria buccia riducendola in forma molto fine;
2. Versare il prodotto ottenuto con una uguale quantità di acqua in un recipiente pulitissimo
e di vetro, il tutto ad una temperatura del prodotto di 26 °C - 28 °C iniziali;
3. Lasciar macerare il prodotto per 24 ore in un ambiente attorno ai 21 °C. Se l’ambiente
è più freddo i tempi di macerazione ideale si allungano nella proporzione di 2 ore in più per
ogni grado in meno e viceversa se l’ambiente è più caldo;
4. Setacciare il prodotto liquido macerato ottenuto, eliminando le impurità più vistose.
Impastare a mano il liquido setacciato con una quantità doppia di farina forte ottenendo
un impasto omogeneo, asciutto e duro (se è troppo idratato è più facilmente attaccabile
dalle muffe);
5. Depositare l’impasto in un bagno d’acqua di rete a temperatura non inferiore a 16 °C, in un
ambiente con temperatura sui 21 °C. L’acqua, e quindi il contenitore, deve essere almeno 5 volte
il peso della pasta e comunque deve permettere alla stessa di andare a fondo senza che alcuna
parte rimanga fuori e che, una volta a galla, non sia chiusa dal contenitore;
6. L’impasto, entro le 48 ore, verrà a galla per effetto dell’anidride carbonica formatasi
all’interno dello stesso. Se l’impasto non viene a galla in 48 ore significa che non si è
sviluppata la carica batterica ottimale nel prodotto; occorre, allora, ricominciare l’operazione;
7. L’impasto venuto a galla dovrà essere pulito da eventuali croste ed essere rinfrescato con una
dose di farina pari al suo peso e circa il 30-35 % del suo peso in acqua (esempio: su 1000 g
di impasto venuto a galla e ripulito di eventuali croste aggiungere 1000 g di farina e 300-350
ml di acqua);
8. L’impasto così ottenuto va avvolto in un telo di cotone e legato con spago robusto,
ma non troppo strettamente (ci penserà la fermentazione a tendere telo e spago) e si
conserva per 24 ore in ambiente a 18 °C. Il giorno successivo si ripete l’operazione: si
libera il lievito dal telo e lo si pulisce dalle croste; si pesa e si rinfresca con farina
pari al suo peso e acqua a 30 °C in ragione di metà del peso. Queste operazioni si ripetono
ogni giorno fino a quando la Madre non avrà raggiunto il grado di purezza richiesto. L’intero
ciclo, per essere completato, richiede dai 20 ai 30 giorni.
Un altro sistema consiste nell’attivare croste di Lievito Madre secche; nel caso in cui riusciate
a procurarvele, dovrete rigenerarle compiendo le seguenti operazioni:
1. spezzettare minutamente le croste, pesarle, ed aggiungere acqua tiepida a 38°C, in
ragione di metà del loro peso (150 gr di croste, 75 ml di acqua) e un pizzico di zucchero:
2. Lasciarle a bagno per 24 ore senza coprirle, mescolando ogni tanto per idratarle
completamente;
3. Trascorse le 24 ore pesare la poltiglia ottenuta e mescolare con eguale peso di farina forte.
Se necessario aggiungere poca acqua: l’impasto deve rimanere duro;
4. Depositare l’impasto ottenuto in un bagno d’acqua a temperatura non inferiore a 16°C.
L’acqua dovrà essere almeno 5 volte il volume dell’impasto (almeno due litri) in modo che il
panetto sia completamente sommerso. Lasciare il contenitore in ambiente a temperatura di 21°-22°C;
5. Dopo circa tre ore l’impasto verrà a galla, per effetto dell’anidride carbonica formatasi all’interno
dell’impasto stesso.
Da questo punto procedere con i rinfreschi come suggerito a partire dal punto 7 della sezione
precedente. In questo caso il ciclo di produzione è più breve; va fatto un rinfresco giornaliero
per almeno 4-5 giorni, dopodiché il Lievito Madre è pronto per la panificazione.
La purificazione dell’impasto base per arrivare al Lievito Madre
Per produrre la quantità di Lievito Madre necessaria per il primo impasto vero e proprio occorre che lo stesso sia purificato e lavato in ogni fase di riporto. La sequenza
che segue ha lo scopo di mettere “in forza” il Lievito Madre. Per la panificazione possono
essere sufficienti due rinfreschi. Per i prodotti di pasticceria (Panettone, Pandoro, Colomba,
Babà ed altri) sono necessari tre rinfreschi.
Primo rinfresco
Si utilizza il Lievito Madre conservato in telo e, dopo averlo pulito dalle croste, si taglia
a fette spesse e si immerge in un bagno d’acqua tiepida a 38 °C e lo si lascia per 30-45 minuti.
Si preleva il lievito dal bagno d’acqua, si strizza leggermente e si impasta con una quantità di
farina forte pari al suo peso e 30-35 % del suo peso di acqua a temperatura non superiore a
30 °C.
Tale impasto dovrà essere sempre, all’interno, a temperature non inferiori a 25 °C e non superiori
a 30 °C, dovrà essere tenuto a lievitare per 3 ore in una camera calda o armadio termoprogrammato
e comunque ad una temperatura di 30 °C e umidità del 65%. La vostra camera calda sarà il forno [spento] nel quale inserirete un
pentolino metallico contenente acqua portata a bollore, da sostituire quando la temperatura arriva a scendere sotto i 25°C
(ci vuole però un termometro,
anche da pochi soldi...). Verrà posto su un panno di cotone
all’interno di
un recipiente con parte superiore scoperta e sulla quale verrà fatta la classica incisione
a croce per verificare il corretto sviluppo dell’impasto.
![]() La tazza ed il telo che servono per una corretta lievitazione del panetto. |
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![]() Il panetto pronto per la lievitazione. Dovrà essere posto in un ambiente caldo-umido a 30 °C di temperatura e con il 65% di umidità. |
Secondo rinfresco
Il prodotto ottenuto dopo le tre ore viene, anche questa volta, lavato in acqua a 38 °C
(la temperatura può essere aumentata fino a 48 °C in funzione del grado di acidità da eliminare)
per 30 minuti (il tempo può essere prolungato fino a 60 minuti in funzione del grado di acidità
da eliminare). Il prodotto lavato viene asciugato e strizzato e nuovamente impastato con eguale
peso di farina forte e 30-35 % (del suo peso) di acqua. Viene lasciato per 3 ore a 30 °C
in maniera che il volume triplichi.
Terzo rinfresco
Il lievito ottenuto nel 3° rinfresco (per il quale deve essere seguito il procedimento del 2°
rinfresco) dovrà essere in quantità idonea per l’impasto programmato nella giornata
(in funzione dei kg di prodotto da realizzare) e una parte verrà conservata e chiusa in telo
per le necessità della produzione del giorno seguente e così via per gli altri giorni.
Il procedimento “standard”
Se il lievito deve essere usato il giorno successivo la conservazione in telo può avvenire
in ambiente a 18 °C. Bisognerà conservare un panetto di almeno 300 gr. che, pulito dalle
eventuali croste renderà disponibile un “cuore” di 100 – 120 gr.
La conservazione in frigo
Se non si prevede di usare il lievito per più giorni la conservazione si fa a temperatura di 5
°C (frigorifero), secondo il sistema della legatura in telo. In questo secondo caso è opportuno
che il panetto pesi almeno 500 gr.
Si prelevano 125 gr dall’impasto dell’ultimo rinfresco (cioè prima di aggiungere al lievito
rinfrescato gli ingredienti caratteristici della ricetta che si sta eseguendo) e si impastano
con 250 gr di farina forte e 125 ml di acqua. Questa operazione riduce l’attività microbica del
Lievito Madre, disponendolo ad una migliore conservazione a bassa temperatura. Si lega il panetto
in telo e lo si ripone in frigorifero.
Ogni 5-7 giorni è opportuno rinfrescare il lievito conservato in frigorifero secondo il seguente
metodo:
- prelevarlo dal frigo e sciogliere il telo, come si vede nelle foto;
Un panetto conservato con legatura in telo di cotone. Attaccarvi un semplice foglietto serve a ricordarsi data di chiusura, peso e tipo del rinfresco. |
![]() |
Il panetto liberato dal telo di cotone, intero e non ancora pulito. Accanto i teli che sono serviti per la conservazione. |
Il panetto come appare dopo le operazioni di pulitura. Accanto (sotto) vi sono le croste da eliminare. Le altre croste sono un esempio di croste da conservare. |
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Il panetto tagliato, pronto per essere messo in bagno d'acqua. | ![]() | Il panetto immerso in bagno d'acqua. Accanto, sulla punta del coltello, la quantità di zucchero necessaria all'avvio del rinfresco. |
1 - Il panetto pronto per la rullatura. |
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2 - Il panetto dopo la prima passata del rullo. |
4 - Il panetto girato di 90° è pronto per il secondo passaggio del rullo. |
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5 - Capovolgere il panetto ed iniziare la seconda rullatura. |