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Il migliaccio dolce, sette anni dopo.


Davvero strane le cose che a volte ti passano per la testa.
Sarebbe stato pochi giorni fa. Sarebbe stato ma stato non e', non sara' mai piu'. Sarebbe stato un compleanno.
Occhi che continuano a guardarmi e che non possono vedere, ne' io posso piu' vedere. Mani che ho tenuto strette tra le mie, poco piu' grandi delle sue, e che ho sorretto nelle prime passeggiate. Gambe che ho visto alzarsi piano piano, e piano piano iniziare a camminare.
Ed un sorriso, uguale al mio.

Cucinare mi e' sempre piaciuto: colpa del Manuale di Nonna Papera, probabilmente. A lei no, a lei piaceva solo mangiare. E farmi dispetti, soprattutto mentre cucinavo.
"Che bello... stai facendo una torta!".
Me lo diceva alle spalle ed io non facevo in tempo a girarmi: era gia' il disastro. Il forno aperto e la torta afflosciata.

Sorrido di nuovo, adesso. E come potrei non farlo? Conosco un modo pero' per farlo ancora meglio, un modo molto dolce.

Il "migliaccio"e' un dolce tipicamente napoletano, non credo di averne incontrati altri simili in altre tipi di pasticcerie. Il suo gusto ricorda quello della pastiera di grano, come il suo odore, quello dei fiori di arancio. Della pastiera ha anche il colore, il colore di un raggio di sole. E' anche molto semplice, in fin dei conti. Devo solo preparare una crema pasticcera con 175gr di latte e due uova, 100 gr. di zucchero e 60gr di amido. E fare bollire altri 175 gr di latte con un pizzico di sale, aggiungere 80gr di farina di mais rimacinata e 200gr di zucchero e fare cuocere per circa 5 minuti.
Dopo, non mi rimane altro che mescolare a questo composto 350gr di ricotta di pecora, 1 fiala di acqua di fior d'arancio, altri due tuorli d'uovo e la crema pasticciera. Fatto. Imburro allora uno stampo, lo infarino e faccio cuocere il dolce a 180° circa. Quando è cotto lo faccio raffreddare nel forno aperto in modo che si asciughi bene e lo spolverizzo di zucchero a velo.

Solo un paio di ore e davanti ai miei occhi avro' di nuovo il colore di un raggio di sole. Domani sera qualche amico potra' guardarlo insieme a me: non sapra', non glielo diro', il perche' di "quel" colore. Ne' sapra' di stare festeggiando un compleanno, non ci sara' nessun bisogno di dirlo.
Sicuramente sorridera', pero', lo so. E in quel sorriso, e nel mio che ne verra', ne ritrovero' un altro che da sette anni i miei occhi - loro soli - non possono piu' vedere. Perche' ce lo hanno sempre detto: io e mia sorella avevamo lo stesso sorriso.

Sarebbe stato un compleanno: il trentatreesimo.
Sara', comunque, motivo di gioia.
--
gennarino


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