Spaghettoni di Gragnano, gamberi rossi, vaniglia bourbon e cedro candito.
Ecco, a me e' bastato questo, per risentire il sapore: mare e vaniglia.
E per desiderare di riprodurlo. O, almeno, di provarci.
Allora ho iniziato a massacrare Arcangelo di domande. Porello, secondo me e' stata l'ora tarda, devo averlo preso per stanchezza: lo sventurato rispose.
E l'idea ha continuato a ronzarmi per la testa anche l'indomani.
Ci avevo quasi rinunciato pero': non sono riuscita ad andare in mercato sabato, sono rimasta imbottigliata nella mille miglia. Lo avessi saputo, mi sarei almeno infilata il casco e gli occhialoni. Invece, solo tempo perso e noia.
Sono andata al super, allora e li' - al banco del pesce - le ho viste. Sei cappesante, le ultime. Ed ho sentito di nuovo in bocca quel gusto: mare e vaniglia. E non ho resistito.
Allora ho iniziato a pensarci su. I canditi li avevo. Non erano cedro ma limone, autoprodotti. Ed erano asciutti e croccanti, non immersi nello sciroppo. All'assaggio, poi, neanche particolarmente dolci.
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Avevo poi anche l'olio alla vaniglia: olio del Garda, in cui ho immerso una stecca tagliata a metà. Il gusto e' piacevole, anche all'assaggio solitario. Accostato ai molluschi, ricorda quei posti affacciati sul mare, dove il vento accosta aromi di arbusti di macchia mediterranea al profumo di salsedine disperso nel vento.
Pero' qui e' nato il primo dubbio: pasta si' o pasta no? Confesso, non ho saputo risolverlo. Accostare la pasta alle cappesante, e al dolce del candito, non e' impresa facile. E ci ho rinunciato, ripromettendomi di pensarci un'altra volta. Anche cosi' pero', ho avuto un timore: quello di ottenere un gusto troppo piattamente dolce. Ho cercato quindi di immaginare come interrompere la dolcezza e mi e' venuta in mente la mostarda. Ma come accostarla al pesce? Facile, zenzero. Questo, avrebbe sostituito la senape. Ho allora aromatizzato dell'olio, grattuggiandone un po' e lasciandolo in infusione (confesso, ho aggiunto una mandorla amara schiacciata, per dare un tocco di profumo in piu').
Poi, ho fatto una cosa di cui mi sono pentita: ho immaginato un'emulsione di candito in olio. Ho pestato nel mortaio un po' di bucce e le ho mescolate all'olio.
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Lo dicevo ieri: non lo rifarei. Il candito ha perso di carattere, non si avvertiva piu' come prima accostato alla cappasanta. La prossima volta, lo taglio in dadolata finissima e lo uso cosi': anche perche' quel leggero retrogusto amaro che comunque rimane al limone candito in casa, lo rende perfetto per questo piatto. Assolutamente non stucchevole.
Intanto, ho messo a marinare le cappesante in olio, buccia di limone e pepe. Qui, arcangelo, non avevi detto nulla. Io ho scelto pepe bianco.
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Pensandoci pero', ho pensato che il piatto mancasse di un elemento croccante. Mi e' tornata in mente allora quella mandorla solitaria immersa nell'olio allo zenzero ed ho deciso di caramellarne qualcuna, aggiungendo pero' del sale grosso. Di cervia, in questo caso, che mi sembra si sposi meglio al gusto di caramello. Per questo, poi, ho usato zucchero di canna e non raffinato.
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Una volta pronte, le ho fatte raffreddare bene e poi le ho pestate grossolanamente nel mortaio, per ridurrle in granella.
A questo punto, la preparazione finale e' stata piuttosto veloce. Ho passato le cappesante sulla piastra e le ho sistemate nel piatto, accostandole a un pezzo di stecca di vaniglia e due listarelle di canditi. Accanto, tre mandorle pralinate lasciate intere. Sulle cappesante, poi ho messo olio alla vaniglia. Accanto, ai due lati, in modo da farli rimanere ben separati, olio allo zenzero ed canditi in olio. Ed un po' di sale nero, per un tocco cromatico in piu'.
Il risultato mi e' piaciuto moltissimo. Unico dubbio, i canditi. Non li pestero' piu', promesso. Solo, non ho ancora deciso se lasciarli asciutti, o immergerli all'ultmo momento in olio. Mi sa che mi tocca studiare, studiare, studiare...
