Per chi abita a Milano è facilissimo e veloce arrivare fin qui, due ore di macchina, andando tranquilli, siamo partiti con l’idea di fare un piccolo tour di una settimana, la prima meta è decisa, Courmayeur, il resto si vedrà strada facendo.
Lasciamo l’autostrada nella media valle, subito dopo l’uscita di Aosta ovest, da questo punto l’autostrada diventa gratuita e prosegue fino a Courmayeur, ma per contro snoda quasi esclusivamente in galleria. Noi optiamo per la statale, più panoramica, più tranquilla, risalendo tutta la valle fino al muro del monte Bianco, tocca alcuni paesi caratteristici e molto interessanti.
Passando da Lasalle e Morgex ci fermiamo per una breve visita, sono paesi tranquilli nonostante negli anni si siano molto sviluppati con il turismo, famosi per la produzione dell’omonimo vino bianco decantato anche dal Veronelli (le produzioni dei viticultori associati in cooperative, si possono degustare ed acquistare alla cave cooperatives), sullo sfondo si staglia già la sagoma del monte bianco.

Morgex ha una bella chiesa.

Pochi chilometri più avanti troviamo Courmayeur, è una notissima stazione turistica molto trafficata, il traforo porta in questa zona oltre ai turisti il traffico pesante che assicura gli scambi con la Francia.
Il centro del paese non è male, una bella area pedonale, negozi molto ricchi (si riescono ad acquistare prodotti quasi introvabili altrove) e la maestosità della montagna che domina tutta la visuale.

Troviamo un alberghetto molto strategico, scarichiamo i bagagli e ci diamo al turismo bipede, i ristoranti non sono esaltanti, molto turistici, per placare la fame scegliamo un bar caratteristico tutto in legno, facciamo uno spuntino con formaggi misti (bonus) crêpes salate e miele, assaggiamo un calice di “petite rouge” ed uno di Enfer d’Arvier.
Il giorno successivo ci svegliamo immersi in una giornata spettacolare, il cielo è azzurro, l’aria frizzante e non si vede la più piccola nuvola, i raggi del sole non hanno il minimo ostacolo nel raggiungerci e scaldarci, decidiamo di andare subito sul monte bianco.

La traversata del montebianco in funivia fino al lato francese è un’esperienza emozionante, serve a poco raccontare o vedere delle fotografie, bisogna esserci, non ci si dimenticherà più di questa giornata, è un paesaggio lunare completamente immacolato di neve e ghiaccio.

Il tragitto è composto da tre tratti in funivia che portano in quota, ed uno in discesa che permette di raggiungere Chamonix, noi decidiamo di arrivare al punto più alto e rimanere tutta la giornata fra i ghiacci perenni.
I primi due tratti del percorso sono sul versante italiano, si arriva prima a 2500m (qui c’è un bellissimo orto botanico alpino)

Con un ulteriore salto a 3400m la giornata è davvero stupenda, il sole riesce a riscaldare anche se il termometro segna 7° C
Saliamo sulla funivia francese, è il tratto più panoramico, più emozionante, dura una mezz’ora, si procede per lunghi tratti in orizzontale e poi con un ultimo balzo si arriva a toccare i 3800m sul livello del mare, la vetta, il tetto d’Europa, il punto che sovrasta l’intero continente è li, bene in vista, sembra di toccarlo, siamo al culmine, impossibile andare più in alto, tutto il resto, l’intero continente è sotto di noi.

Sospesi sul mer de glace

Si può arrivare con un’ulteriore salto a Chamonix in Francia, ma per oggi preferiamo goderci l’alta montagna.

La zona di Courmayeur non è famosa solo per le impareggiabili vette, molto belle anche le valli che la solcano, una gita in val Veny è piacevolissima, perfettamente attrezzata per i picnic, volendo fare una passeggiata, si può arrivare in quota con la macchina, si trova un punto per parcheggiare poi rimane solo un’oretta di piacevole cammino per arrivare ai piedi del ghiacciaio del Miage con il relativo laghetto.

Ci sono altre bellissime valli in zona, vediamo La Thouille, tranquilla e verdeggiante, ma il tempo è tiranno, ci attendono i castelli della bassa valle, abbiamo preso informazioni per vedere quali siano quelli aperti e visitabili e quali quelli ancora chiusi, lasciamo Courmayeur.
Dicevamo terra di confine, dura, talvolta da difendere con i denti, in tutta la sua lunghezza la valle è disseminata di castelli e fortificazioni, innalzati ad una distanza che si può coprire con lo sguardo, dove, con pochi e semplici segnali, in qualsiasi ora e condizione si poteva dare un allarme, ci si poteva coalizzare.
La bassa valle, valle di manieri, di terreni fertili, di famiglie nobili, fra le più blasonate gli Challant, che hanno dato anche i colori dello stendardo alla regione, il rosso ed il nero.
Valle generosa, ricca di sapori e di prodotti, il panorama, non solo quello paesaggistico, è ampissimo.
Si scende dai 1300 m di Courmayeur fino a quasi fondovalle, poche macchine in giro, la statale gode del fatto che l’autostrada si mangia gran parte del traffico pesante e veloce, una rara benedizione di piloni, asfalto e gallerie per il traffico locale e per il nostro modo di intendere il viaggio, in ferie non si ha mai fretta, non si corre mai, si sta in macchina e si guarda placidamente il paesaggio, parlottando, anche l’autoradio con la sua musica sarebbe di disturbo, faccio scendere la macchina solo sotto la spinta del suo peso, non tocco l’acceleratore, regolo l’andatura con le marce ed il freno motore, quelle poche macchine che arrivano alle nostre spalle e che giustamente vogliono tenere una velocità superiore alla nostra le lasciamo passare, alla prima piazzola o slargo ci si ferma, giusto il tempo di essere sorpassati e poi si riprende il viaggio, con calma, con andatura turistica, lasciando che la pendenza della strada e la meccanica della macchina si regolino e trovino un equilibrio nel procedere verso il fondovalle.
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Ripercorriamo gran parte della strada fatta nel salire, non ci fermiamo ad Aosta, è una città molto interessante, carica di tradizione e di storia, ma veniamo dalla città e non abbiamo voglia di città.
Il primo castello importante che incontriamo scendendo la valle è il castello di Verresse, sappiamo già che è chiuso per restauri, scendo giusto per scattare una foto è molto suggestivo ed ovviamente in posizione strategica.

In questa zona ci sono tre grandi, famosi e bellissimi castelli, questo di Verresse, poco più a valle quello di Fenis,

Come il precedente aveva la funzione fortificazione per la difesa del territorio, vi dimoravano guarnigioni e le famiglie nobili in periodo di guerra, gli interni sono spettacolari, i muri del cortile nobiliare sono affrescati e perfettamente conservati, vietato fare foto all’interno…. peccato.

Poi c’è il castello di Issogne a un tiro di schioppo, non è una vero e proprio castello, era in realtà una residenza di rappresentanza, l’estetica all’esterno non è per niente accattivante, gli interni hanno arredi ed affreschi splendidi, molto ricchi, perfettamente conservati, c’è una bellissima e famosissima fontana in bronzo, giardini all’italiana, ma anche qui non è possibile però fotografare alcunché.
L’intera valle, ma soprattutto la bassa valle, sono molto favorite dal punto di vista della produzione enogastronomica, famosissimo il paese di Arnad che dà il suo nome al conosciutissimo e prezioso lardo D.O.P.
Ogni spazio sfruttabile della valle è coltivato, molti sono i vigneti che producono vini di pregio, abbiamo già visitato il territorio di Morgex famoso per i bianchi, questa invece è la zona prediletta per i rossi di corpo, Nus, Chambave, Enfer d’Arvier, Torrette, Montjovet e soprattutto Donnas (le produzioni dei viticultori associati in cooperative, si possono degustare ed acquistare alla cave cooperatives), qui si coltiva in prevalenza uva nebbiolo rinominata (picotendro) ed alcune varietà autoctone tipo il (petite rouge), i vini sono robusti, corposi, mediamente invecchiati, molto adatti ai cibi ricchi di montagna, si accompagnano perfettamente ai formaggi che arrivano dalle valli laterali tipo la fontina, le tome, il fordmazo (introvabile) il reblec, il seras, molto simile alla ricotta e le quasi infinite varietà che utilizzano latte di capra. Per i salumi, una parte di rilievo oltre al lardo di Arnad la gioca il Jambon de Bosses, prosciutto crudo molto saporito e tagliato in fette spesse alla moda dei salumi di montagna, la mocetta, salume molto simile alla bresaola, ma più incisiva nel gusto, prodotta con carni di manzo o di equino o anche di cacciagione, la famiglia dei boudin/bouden insaccati che hanno come base sanguinaccio e vengono arricchiti con lardo, aglio, aromi, l’immancabile ginepro, talvolta patate lessate ed in una variante molto sfiziosa, rape rosse. Un salume molto interessante è la teuteun/teutenne/tetenne prodotto con la mammella delle mucche, nel sapore permane la presenza del gusto del latte che per anni a fluito copioso durante le mungiture per la produzione di formaggio.
Si lascia a malincuore questa zona, ma la prossima meta è Gressoney, percorreremo la valle omonima passando per il paese di Point san Martin che deve il suo nome ad un ponte costruito ai tempi della romana via delle gallie.

La valle di Gressoney, la valle dei Walser, molto verde, culmina con Gressoney St Janne e Gressoney la Trinitè, piccoli paesini che le danno il nome, conosciuti soprattutto per un turismo invernale che sfrutta gli impianti di risalita sulle pendici del monte rosa.


A poca distanza castel Savoia, (anche lui chiuso per restauri)

Ad essere sinceri non siamo rimasti molto entusiasti di questa valle, senz’altro è organizzata per dare il meglio di se in inverno e per gli sport invernali, le funivie in questa stagione sono parzialmente chiuse, avevamo pensato di fare l’ennesima traversata con destinazione finale Champoluc, ma sarà possibile solo fra alcune settimane, ci siamo fermati un solo giorno, torniamo verso il fondo valle, facciamo una breve sosta al paesino di Issime, c’è una chiesetta con degli affreschi molto belli e ben conservati, un occasione per fare due passi, scattare qualche foto e goderci la giornata di sole.


Decidiamo di concludere il viaggio visitando Cogne, non era nei programmi, ma invece si rivelerà la scelta più azzeccata che potessimo fare.
La piccola valle che porta a Cogne, si apre poco più ad ovest di Aosta, molto stretta all’inizio, la strada si inerpica per un dislivello di circa 1000 m, il paese è posto all’imbocco della val Nontey a 1700 m s.l.m
Cogne a nostro avviso è di gran lunga il posto più bello che ci sia capitato di vedere durante il viaggio, il paesino è ameno, adagiato in una valle molto ampia, luminosa, soleggiata, lo sguardo si perde fino al massiccio del Gran Paradiso.

Le mete più ambite e caratteristiche si trovano a soli 3 Km e si possono raggiungere sia in macchina che a piedi su sentieri pianeggianti, troviamo un albergo parcheggiamo la macchina e non la toccheremo più fino al ritorno.
Le attrazioni più belle sono le cascate di Lillaz, una frazione di Cogne.

La val Nontey una bellissima valle che arriva fino alle falde del massiccio del Gran Paradiso, qui sono possibili innumerevoli escursioni per tutti i gusti e le possibilità fisiche

Non abbiamo più molto tempo, ci dedichiamo alle passeggiate scoprendo due malghe con baite nelle quali si produce il formaggio, il burro e vari prodotti caseari, la prima è più specializzata nei formaggi misti bovino/ovino l’altra nei formaggi con solo latte bovino: fontina, tome fresche e stagionate in testa, faremo scorta per il ritorno. Ci siamo portati il frigoriferino da picnic e lo riempiremo a dismisura, in paese c’è anche una macelleria che produce e vende delizie di ottima qualità.


Per la cena sappiamo già dove andare, proprio nel centro c’è un ristorante molto caratteristico, tipico anche nell’estetica, tutto in legno, ripropone oltre ai piatti tradizionali tipo: soupetta cogneintze (risotto a base di fontina fusa) selvaggina con intingoli, polenta concia, zuppe di tutti i tipi servite sempre con formaggio fuso, pasta fresca condita con sughi e funghi, carni alla brace e molto altro. Noi abbiamo optato per delle vere e proprie cene da “baita” come dicevamo le interferenze dei paesi confinanti si fanno sentire anche dal lato gastronomico, qui è molto diffusa la pierrade, molto simile alla bourghignonne, ma dove la carne (e le verdure) non vengono fritte in olio, ma cotte su una pietra ollare direttamente dai commensali al proprio tavolo, poi si condiscono con le salse più disparate. La raclette: formaggio fuso che accompagna diverse vivande.
Noi abbiamo optato per la brasserade, non l’avevamo mai provata e sinceramente non sapevamo nemmeno cosa fosse, si parlava di pasto completo, un piatto unico composto da patate lesse con salumi e formaggi.
Ci siamo visti arrivare al tavolo da prima un pentolino con un “blocco” di formaggio, un altro blocco era contenuto in un piatto, poi alcune ciotole contenenti delle salse, una a base di cipolle ed una a base di prosciutto, infine direttamente sul tavolo, hanno adagiato una piccola stufa a carbone con tanto di braci ardenti e griglia nella parte superiore, fuori, in quel momento c’erano 15° C, non si stava per niente male.

Nella parte inferiore della stufetta sono stipate delle patate lesse che rimangono poco più che tiepide, le si accompagna a salamelle e boudel appena scottati in acqua (a sx nella foto) sulle patate e i salumi si versano con un cucchiaino delle salsine a base di cipolla stufata e prosciutto cotto tritato, quindi si prende il pentolino con una fettona di formaggio lo si infila nell’anfratto provvisto di sportello appena sotto le braci, si fa fondere la superficie e si inonda di formaggio fuso tutto il piatto.
Una cenetta, gustosa, “delicata e leggera”, il menu è completo di dolce, prevede che si chiuda la serata con una crep suzette preparata anch’essa direttamente sulla stufetta, abbiamo innaffiamo tutto questo ben di dio con una bottiglia di Chambave, il bis della sera dopo con un Donnas.
Contrariamente alla nostra volontà siamo dovuti rientrare in questa….”valle di lacrime” , Milano ci ha accolti con il classico serpentone di macchine lungo tutto l’anello della tangenziale che cinge e stritola come un cappio attorno al collo la città. Insomma il modo più classico per terminare una vacanza……no comment!!