
È con l’Apicio menzionato da Seneca che Arcangelo Dandini fa cominciare la cucina romana codificata: “pensate che le sue ricette siano morte con lui? Niente di più falso. Ieri sera… ho mangiato ottimi crostini spalmati con burro ammorbidito e acciughe del mare Cantabrico. Questo è un piatto apiciano”.
Si passa poi alla cucina giudaica, quella del Ghetto circoscritto dalla Bolla papale del 1555: “le donne giudìe hanno sfamato intere generazioni mescolando pochissimi ingredienti, avendo poco tempo per cucinare e mantenendo vivo nella loro tradizione culinaria il ricordo delle loro origini. Questa è la prima cucina fusion della storia, fatta da mani sapienti che uniscono usi e costumi alimentari diversi, al solo, nobilissimo, scopo di mettere qualcosa in tavola, davanti a figli e mariti affamati dai lavori di fatica ai quali la solita Bolla li costringeva. Con il pesce più povero e grazie all’invenzione del quinto quarto…”
Si arriva alla cucina papalina, detta secreta: “Può un re non avere un cuoco di corte? Nel caso del papa, può addirittura averne uno secreto, uno famoso ma che nessuno vede, che s’inventa la cucina di dispensa, uno capace di sfamare i partecipanti a un conclave, che non sfigura nemmeno quando deve preparare un pranzo per Carlo v… Questi era Bartolomeo Scappi, cuoco bolognese… ha diretto le cucine vaticane durante il regno di Pio IV… S’inventa il buffet, codifica i potaggi, dedica un intero volume alla cucina dietetica. Un uomo modernissimo, talentuosissimo, al quale dobbiamo anche l’antenato della coda alla vaccinara…”
Si conclude con la cucina pastorale o testaccina: “Dopo il 1870 Roma diventa la capitale del Regno d’Italia. Dal Nord scendono i piemontesi, per amministrare il nuovo Stato. Ma dalle campagne romane, dall’Alto Lazio, dall’Umbria, dall’Abruzzo arrivano le braccia levate all’agricoltura, per costruire nuovi quartieri e sfamare questa massa di gente nuova, venuta a ingrandire una città dalle dimensioni provinciali. Insieme al bagaglio, scarno e misero, ognuno porta un pezzo della sua patria perduta. Ed ecco che qualcuno cucina una gricia e all’oste romano non par vero che sia completa se non ci aggiunge un’oncia di pomodoro. È nata così la matriciana. È cucina fusion anche questa… nata per accontentare alla bell’e meglio i gusti di tutti.”
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