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NORD, CENTRO, SUD: DI CHE PASTA SIAMO?
Un dossier per conoscere storia, consumi, formati, ricette tipiche e d’uso quotidiano della “regina” delle tavole degli italiani.
Copio un piccolo estratto:
... E’ Etrusca la prima traccia “indiretta” della pasta nella storia dello stivale
Nella tomba “dei rilievi” di Cerveteri, nel Lazio, sono state trovate delle decorazioni che
riproducono gli utensili che, ancora oggi, vengono utilizzati per realizzare la sfoglia della
pasta fresca: l’asse, il tagliere, il mattarello e la rotella dentata (per tagliare la pasta). Non
è una testimonianza diretta – e non tutti gli etruscologi sono concordi nel ritenere che si
tratti effettivamente di strumenti utilizzati per fare la pasta sfoglia - ma è certamente un
indizio interessante che supporta l’ipotesi che gli Etruschi, nel IV sec. a.C., conoscevano
qualcosa di simile alla pasta fresca odierna.
Con i Romani è il trionfo della lagana
Il laganon greco e il laganum romano, sono invece considerati i progenitori certi della
pasta fresca che in epoca medioevale si radicherà, nella sua versione di grano tenero,
soprattutto nelle regioni del centro nord. Anche se la sua diffusione toccherà, utilizzando
nell’impasto anche il grano duro (come sembra facessero anche i romani), il sud d’Italia.
I romani usavano anche le lixulae: un impasto di farina, acqua e formaggio (in assenza
del formaggio, si definivano pastillus) dal quale si otteneva un cibo molto simile agli gnocchi,
che veniva però considerato alimento poverissimo, vero e proprio ripiego alimentare
per periodi di crisi nell’approvvigionamento di pane e frumento.
La lagana, ancora nel I e nel II secolo d.C., era però un impasto nel quale era inserito, a
volte, anche un trito vegetale (soprattutto lattuga), fritto nell’olio. Orazio, nel 35 a.C.,
descrive invece una più moderna cena frugale a base di “porri, ceci e lagane”.
Nel V secolo Celio Apicio (De re cocquinaria) riporta una sontuoso ricetta a base di sfoglie
sottile di pasta intervallate a carni nobili di vario tipo, che ricorda molto da vicino le nostre
lasagne al forno con il ragù. Apicio nel suo trattato culinario parla anche delle tracte, impasti
di farina, molto probabilmente di grano duro, risultato di una energica lavorazione con
le mani, che superficialmente essiccati si spezzavano per utilizzare i frammenti di pasta
come addensante per varie preparazioni.
Nessuna di queste ricette prevedeva però una cottura preliminare in acqua bollente della
sfoglia, elemento determinante per parlare di pasta nell’accezione attuale. Bisogna arrivare
al VI-VII secolo per ritrovare (nelle Etimologie di Isidoro di Siviglia) la definizione di
laganum come di ”un pane largo e sottile, cotto prima nell’acqua e poi fritto nell’olio”.
Sarà solo nella letteratura gastronomica medioevale, però, che la lasagna - tagliata in
nastri, fili quadrati o losanghe - verrà citata in innumerevoli preparazioni perfettamente
aderenti alla nostra moderna concezione di pasta fresca....