Ti meraviglia, ti stupisce sempre.
Chi non la conosce non può immaginare quanto sia complessa la varietà e la particolarità della sua cucina legata alla sua sofferta storia e alla commistione dei luoghi che la costituiscono.
Questa era la mia terza gita in città e ho potuto apprezzare piatti nuovi che non conoscevo.
Prima un po’ di cartoline, cosi vi ambientate!

Panorama da una località sul Carso vicino a Prosecco

Ruderi del "vecchio" Castello di Duino - visitabile il "nuovo" castello

Muggia

Spiaggia vicino Sistiana - N.B. Il mare a trieste è pulitissimo e belissimo

Chiesa ortodossa

Rosone della Sinagoga

Sedie ribaltate da raffiche di bora in Piazza Unità d'Italia

D'obbligo: Risiera di San Sabba - Unico forno crematorrio in Italia.
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Partiamo dall’aperitivo.
“Spriz” bianco, ossia vino bianco e acqua/soda (niente aggiunta – come oggi in Veneto, di Aperol o Compari). Preso così ti procura un simpatico e “social friendly” brilluccichio alla testa, ma non ti fa ubriacare… Ho trovato un bar senza pretese che offriva anche frittelle di melanzane e polpettone di carne di accompagnamento.

Per quanto riguarda i primi non ho fotografato nulla… me li sono solo pappati!
Cito per obbligo: gli gnocchi di susini (quest’anno assaggiati nella variante di albicocca) e la jota (una zuppa con crauti, patate, fagioli).
Gli gnocchi di patate “semplici” vengono invece conditi con diversi sughi come quello di anatra o di arrosto.
Dall’avanzo di impasto degli gnocchi si prende un rotolino di pasta lungo circa 15 cm, si ripiega un poco al centro formando una V aperta e si frigge: ottieni un contorno a molti insolito e davvero squisito: i chifeletti.
Nel ristorante sul Carso che adoro (comincio a stare simpatico anche alla cuoca che ha detto che mi prende a fare uno stage lì…) ci hanno proposto anche una versione della jota preparata con, al posto dei crauti, barbabietole inacidite coi mostaccioli (n.b. della cuoca: da non fraintendere con la brovada che quest’ultima si fa con le barbabietole a pezzetti e con un procedimento diverso… lei dice che “la brovada si fa in Friuli”…).
Sempre friulano è il frico. Una frittata di patate e formaggio latteria o di malga. A Trieste lo fanno con le patate prima sbollentate, mentre nell’alto Friuli, in Carnia, con le patate grattugiate e cotte direttamente in padella (me lo faceva mia nonna!). Il frico lo mangi con la polenta, altro must imperdibile (polenta soda, che tagli a fette e che “ti puoi mettere in tasca”).
Parlando ancora di patate, le patate in tecia (patate al tegame) sono assolutamente sorprendenti da quanto siano un piatto semplice ma al contempo così gustoso. Sono patate bollite che vengono portate al termine di cottura in padella con olio/burro, cipolla (chi la mette e chi no) e pepe.
Una cosa che mi fa impazzire a Tireste è il radiccetto da gustare con aglio crudo sminuzzato e fagioli Lamon lessati. E’ tenero, amaro ma non troppo e viene raccolto giovane giovane.

Per quanto riguarda la carne, ce né per tutti i gusti.
Cito lo stinco di maiale, gli sloveni, ma anche triestini-carsolini, cevapcici e i bolliti.
In un locale tipico, potete trovare bollito di tutto: lingua, costine, salsicce tipo wulster (che chiamano credo Vienna), cotechino… Serviti con senape e tanto tanto cren grattugiato (rafano). Abbiamo anche mangiato dei crostini (di pane nero con cumino) con una sorta di mousse di diversi formaggi morbidi con sopra una bella spolverata abbondante di paprica.



Per quanto riguarda i vini, se andate (DOVETE andarci!) sul Carso la località in cui la produzione è migliore è Propotto. Un luogo magico.
Piccoli vigneti su terra rossa che guardano il mare dall’alto. La brezza marina li accarezza, portando dal golfo umori marini. I profumi del (sotto)bosco dell’altopiano carsico conferiscono all’uva i sapori della terra e ci regalano due vini molto particolari: Terrano e Vitoska. Da non sottovalutare anche il Malvasia (da non fraintendersi con il vino dolce!) e lo Sauvignon.
Sul Carso aguzzate le vista, quando adocchiate una frasca sul ciglio della strada fermatevi o prendete il bivio sulla quale e’ posta. E’ un segnale ben preciso che indica che è aperto un osmizze.
Significa che un’azienda agricola per un periodo limitato di giorni è aperta al pubblico e fornisce una “mini” ristorazione. Seguite le frasche ed entrate a casa degli agricoltori. Troverete vino, insaccati, uova sode, pane, e anche dolci.

Bene. Se non vi siete troppo annoiati, possiamo passare al pane e poi ai dolci.
Il pane a Trieste è buono. Ne ho provato diversi tipi, biga (di cui parlava AB-), pane con semi vari, altro pane all’olio di cui non ricordo più il nome e ho immortalato forse il più comune e tipico: la sciopetta!
Assomiglia nel formato al Biove, è un pane ben lievitato, leggero, condito direi. Crosta croccante e non troppo grossa e mollica morbida.


I dolci.
Che dire, banalmente: tanti e buoni.
Gubana, Presniz, Putizza, Struccolo, pasticceria semi-mignon (brasiliani, rotoli, pasticcini alla frutta, alle creme…) Pinza. (Dovrei aprire anche un paragrafo sui caffè storici e sul caffè… ma non ce la faccio!)




I dolcetti dell'ultima foto provengono da una pasticceria che ha piu' di 160 anni e che cuoce tutto ancora col forno a legna (la gentile commessa mi ha detto a proposito del forno: "abbiamo solo quello!")
La Pinza al burro è semplice e devastante.
L’ho provata in un paio di pasticcerie.
Questa e’ una versione piu’ moderna e piu’ lievitata (c’e’ anche un post nel forum).


Questa credo sia più storica.
Piu’ soda e piu’ “pandorosa”.

Sto male a scrivere di questo.
Mi ingarbuglio per forza, visto che mi sento ingarbugliato al ricordo.
Premesso che quella piu’ lievitata è pure molto buona, diversi amici triestini mi hanno invitato ad andare in un’altra pasticceria storica, dicendo che era migliore…
Vado e attaccato bottone, come mio solito, al pasticcere elogiando il suo lavoro (dopo aver mangiato un pasticcino di sola spuma di cioccolato e panna buono da piangere - e avendo pure una mia rivalsa su chi mi prende in giro quando uso il righello per fare alcuni formati di pane: l’aiuto pasticcere usava anche lui il righello…). Chiedo informazioni sulla pinza, lui inizia a spiegare dicendo che la prepara dalla mattina e finisce la sera. Fa un lievitino, poi progressivamente aggiunge farina, uova burro… Tre lievitazioni piu’ quella finale. Cottura a 160°. Poi non riusciva a spiegarsi. Scompare e dopo poco ritorna con un cartoncino con LA RICETTA. Mi dice “vedi”, “ci vanno…” Lui parlava e io non lo ascoltavo più. Leggevo e cercavo di memorizzare pensando contemporaneamente se potevo chiedergli di trascriverla. Poi mi sentivo in imbarazzo perché mi pareva di rubare un segreto di stato. Insomma alla fine sono uscito senza aver memorizzato nulla (era lunghissima) e senza aver osato chiedere (potevo fotografare il cartoncino in 1 secondo…)
Se siete riusciti a leggere sin qua, voglio chiudere col mio dolce preferito. Di cui finalmente ho trovato la ricetta. La GHIBANIZZA:
Un dolce a strati. Base di pasta frolla e farce diverse separate da un sottile strato di pasta tipo strudel: mele, ricotta e uvetta, noci, semi di papavero.

Mi scuso con Athena, con i triestini e con chi conosce Trieste se ho scritto qualche inesattezza.
Volevo solo condividere con voi la mia esperienza che di certo non è esaustiva rispetto a tutto quello che Trieste può offrire…
Vi rendete conto che vi ho raccontato solo sommariamente di ciò che potete trovare in un unico luogo (che è in Italia)?!
Una gita davvero entusiasmante: andate a Trieste!