IL CONCILIO DELL'AMICIZIA
Articolo di Nicola Bruni
pubblicato dalla rivista LA TECNICA DELLA SCUOLA - 25 NOVEMBRE 2005
L’8 dicembre di quarant’anni fa si chiudeva il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965),
convocato e inaugurato dal papa Giovanni XXIII e portato a compimento dal suo successore Paolo VI.
Un grande evento storico che ha segnato una svolta nella vita e negli orientamenti della Chiesa cattolica,
ha avviato il cammino ecumenico verso la ricomposizione dell’unità tra i cristiani,
ha dato inizio ad una nuova civiltà dei rapporti umani nel mondo:
quella del rispetto, dell’incontro, del dialogo, dell’amicizia e della cooperazione
per il bene comune e la pace tra persone di fede diversa, e tra credenti in Dio e non credenti.
In questa linea, si sono collocate la proclamazione del principio della libertà religiosa e di coscienza
come diritto naturale di ogni essere umano, con la ripulsa di qualsiasi
iscriminazione o persecuzione;
la revoca delle scomuniche ai “fratelli separati” (non più “eretici”) delle altre confessioni cristiane,
accompagnata da gesti di riconciliazione; la dichiarazione che la Chiesa “nulla rigetta
di quanto è vero e santo” nelle altre religioni, mentre annuncia a tutti Cristo “via, verità e vita”.
Ancora, il riconoscimento dello speciale vincolo che lega cristiani ed ebrei,
attestazioni di stima per i musulmani, apprezzamenti per l’induismo e il buddismo,
l’impegno a “promuovere l’unità e l’amore” tra i popoli
nella convinzione che “tutti gli uomini costituiscono una sola comunità”,
la condanna del razzismo e della guerra.
Per ricordare lo spirito del Concilio, mi piace riassumere una riflessione
contenuta nel discorso conclusivo che Paolo VI rivolse, il 7 dicembre 1965,
all’assemblea dei vescovi di tutto il mondo riunita nella basilica di San Pietro:
Il principale valore religioso del nostro Concilio è stato la carità.
Il Concilio ha considerato l’eterno viso bifronte dell’uomo,
la sua miseria e la sua grandezza, il suo male profondo ed il suo bene superstite.
Ma si è soffermato ben più a questa faccia felice dell’uomo:
il suo atteggiamento è stato volutamente ottimista.
Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno.
Riprovati gli errori, sì, perché ciò esige la carità, non meno che la verità;
ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore.
Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi, invece di funesti presagi,
messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo,
con l’amichevole invito, rivolto a tutti gli uomini, a ritrovare Dio attraverso l’amore fraterno,
a ravvisare nel volto di ogni essere umano il volto divino di Cristo.
E’ lo spirito dell’insegnamento di Giovanni XXIII, che esortò a distinguere l’errore dall’errante,
a respingere il peccato ma non il peccatore; a preferire nel rapporto con gli altri
la ricerca dei valori comuni, di ciò che unisce rispetto a ciò che divide;
a non dare ascolto ai profeti di sventura, e operare invece con generosa dedizione
e cristiano ottimismo per rendere più giusta e solidale la convivenza umana.
"
l'autore nell'articolo sul “Concilio dell’amicizia” ha cercato di delineare la nuova spiritualità (lo “spirito del Concilio”) che si è andata affermando nella Chiesa cattolica, pur tra resistenze e umane contraddizioni, negli ultimi quarant’anni, e che ha prodotto un’apertura (impensabile ancora 50 anni fa) anche da parte delle altre religioni e di ampi settori della cultura “laica”, all’incontro rispettoso, al dialogo e alla collaborazione per il bene comune dell’umanità."
Se ciò è stato possibile tra le Grandi Religioni e le culture laiche,mi auguro che ciò avvenga per il bene della nostra piccola comunità.
Buona domenica Rossella
:wink: