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per il quale mi sono recata a San Costantino Albanese col fine di effettuare una piccola "ricerca sul campo".
Gli arberesh, per chi non lo sapesse, sono gli albanesi d’Italia, cioè quelle popolazioni albanesi che, a partire dal XV secolo, in differenti ondate, sono emigrate a causa dell’occupazione dei turchi per giungere nell’antico Regno delle due Sicilie e fondare comunità proprie.
Le comunità arberesh sono, quindi, oggi diffuse in quasi tutte le regioni meridionali, in special modo in Calabria e Lucania.
In Lucania, nel Vulture troviamo Barile, Ginestra e Maschito e nella Val Sarmento, ai piedi del Pollino, S.Paolo Albanese e S.Costantino Albanese.
Nel corso dei secoli, nel Vulture, la cultura originaria è andata evolvendosi in un lento processo di assimilazione verso le popolazioni autoctone, rimanendo viva, per lo più, solo nella lingua, a San Costantino e a San Paolo invece, forti elementi conservativi hanno fatto sì che l’identità culturale rimanesse integra non solo nell’aspetto linguistico, ma anche nelle tradizioni e negli usi.
E’ stato facilissimo avere informazioni data la gentilezza e l’ospitalità che caratterizza la gente del posto.
Mi sono avvicinata a tre donne anziane sedute su di un gradone dinanzi alla loro casa e, sfoderando il mio sorriso, ho detto ciò che pensavo, e cioè che sono fortunate a vivere in un paese così ricco di tradizioni. Da lì a poco ero seduta accanto a loro a “fare carte” e ad ascoltare ciò che mi dicevano. Dopo avere parlato del più e del meno, ho nominato il Cugliaccio e ho detto loro che avrei tanto voluto imparare a farlo. Non potete immaginare la loro gioia e la loro squisita generosità; mi hanno detto che è un pane legato alle feste, principalmente al matrimonio e alla Pasqua (per la Pasqua però non viene formato in questa maniera), e che tocca alla mamma dello sposo prepararlo in caso di matrimonio, mi hanno indicato gli ingredienti necessari e spiegato ben, bene l’intreccio particolare a croce che caratterizza questo lievitato, croce che rappresenta l’indissolubilità del matrimonio, mimando con le mani come dovevo procedere. Spero di aver capito bene.
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Dal Cugliaccio, siamo logicamente finiti a parlare dei loro matrimoni, mi hanno spiegato che ogni famiglia possiede il proprio abito che si tramanda nel tempo e che viene utilizzato nel giorno delle nozze, appunto. Una signora voleva portarmi a casa sua a farmi vedere quello suo, ma mi sono vergognata, avevo paura di essere invadente, anche se il mio desiderio era fortissimo, per cui ho ringraziato e, con tanto dispiacere, ho detto di no. Mi hanno parlato del rito greco-ortodosso con il quale celebrano le loro cerimonie, e vi assicuro che è un’esperienza veramente unica assistere ad una loro funzione, cosa che ho fatto anni addietro. Ricordo tanti colori e il prete che celebrava di spalle al pubblico e che, dopo la funzione, l’altare è stato riparato da un pannello, in seguito ho saputo che i ministri greco-ortodossi possono sposarsi ed avere una famiglia propria.
Conoscevo già il significato dei simboli del cugliaccio, ne avevo preso visione qui http://old.alsia.it/agrifoglio/n_3/14_15%20dop.pdf , ecco che lo riporto a voi.
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...L’impasto circolare, con un intreccio che forma quattro braccia, vuole rappresentare un matrimonio indissolubile ed è decorato con simboli in pasta di sale: un nido, due uccelli e due serpenti. Il nido, al centro del dolce, rappresenta la nuova famiglia e la sua casa; le uova in esso contenute sono sempre dispari, in segno di buon augurio e fertilità. I due uccelli, sulla parte alta del nido, lo difendono e rappresentano la nuova coppia ed i genitori degli sposi attenti a riparare la casa dalle avversità.
Gli uccelli inizialmente rappresentano i suoceri ed i serpenti raffigurano gli sposi che guardano dispiaciuti i genitori lasciati; in un secondo momento, gli uccelli si trasformano nella nuova coppia e i serpenti rappresentano il male.
Secondo la tradizione per ogni cerimonia si devono preparare due Kulaç, uno decorato e l’altro semplice.
Quello semplice verrà messo sotto l’altro poiché durante la messa quello decorato verrà offerto dal sacerdote, dopo essere stato bagnato nel vino, prima alla sposa e poi allo sposo in segno di reciproca appartenenza.
Per la ricetta mi sono rifatta a ciò che mi hanno insegnato le signore dando un occhio anche al disciplinare http://www.ssabasilicata.it/CANALI_TEMA ... arallo.pdf e ad una ricetta tratta da libro Mangiare d'arte in Lucania - Dolci e Rosoli. Le signore non mi hanno detto nulla circa le proporzioni degli ingredienti, per quelli ho fatto da me, per la farina ho considerato le quantità indicate dal disciplinare e per il numero di uova da utilizzare ho preso in considerazione la ricetta del libro.
INGREDIENTI:
500gr farina di semola rimacinata Senatore Cappelli
500gr farina 00 rinforzata (io ho utilizzato la Rieper gialla)
300gr acqua
200gr lievito naturale
50 gr di strutto
50gr di olio
4 uova + 1 per spennellare
30gr di liquore all'anice
4gr di lievito di birra
PROCEDIMENTO
In una ciotola o sulla spianatoia formare la classica fontana, al centro fare cadere gradualmente l'acqua in cui in 250gr avrete sciolto il vostro lievito madre rinfrescato precedentemente per tre volte e nei restanti 50gr di acqua il lievito di birra, aggiungere le 4 uova. Dare una rapida impastata, quindi, nel momento in cui il tutto è ancora umido, aggiungere il sale, un’altra rapida impastata ed aggiungere lo strutto e l'olio ed infine il liquore. Impastare a mano per almeno 20 minuti o comunque fino a quando l’impasto non risulterà essere liscio ed elastico. Mettere in un contenitore, coprire con carta velina e, dopo un'ora di tempo a temperatura ambiente, porre il tutto in frigo per 9 ore circa, almeno a me c'è voluto questo tempo affinchè arrivasse alla giusta lievitazione. Tirare fuori dal frigo il vostro impasto lievitato, riportarlo a temperatura ambiente facendo trascorrere circa un'ora e mezzo, ed iniziare a formare.
Dividere l'impasto in 4 parti, due da 700gr e due da 200gr. Con ognuna formare dei cilindri; con la restante pasta formare le decorazioni (io non ho utilizzato la pasta di sale). Intrecciare i cilindri formati da maggior quantità di pasta dando vita ad una coroncina e poi procedere come vi ho mostrato nelle foto dell'intreccio posta sopra. Divertitevi a formare, serpenti, uccellini ( a me più che uccelli sembrano rospi, ma vabbè, facciamo finta di niente:D) e nido e poi assemblare il tutto come nelle foto.
Porre il pane a lievitare su carta forno fino al raddoppio, coperto da un panno umido e strizzatissimo. Questa seconda lievitazione a me è durata circa due ore e mezzo, tre ore. Spennellare con un uovo ed infornare mettendo direttamente la carta forno sulla leccarda del forno capovolta, in forno preriscaldato a 200°, statico sopra e sotto per circa tre quarti d'ora/ 1 ora. Mantenere a 200° per dieci minuti e 180° per il restante tempo. Controllare la cottura, ogni forno è differente dall'altro, se dovesse scurire troppo proteggere con carta stagnola, soprattutto le decorazioni. Ne uscirà un pane da circa due kg, dall'alveolatura piuttosto compatta, ma soffice, che io ritengo essere ottimo come pane da colazione.
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Non so se sono riuscita ad avvicinarmi al vero cugliaccio, perchè purtroppo non l'ho mai saggiato, ma so che ho seguito le indicazioni delle signore puntigliosamente. L'importante per me, mai come in questo caso, è stato parlarvi di ciò che esso rappresenta e di ciò che ha rappresentato per me, una giornata splendida, in cui ho potuto godere degli splendidi panorami della Val Sarmento, ma soprattutto arricchirmi della saggezza popolare di squisite signore da cui ho rimediato anche un invito di matrimonio per luglio