E’ stata una settimana intensissima, non conoscevo quasi nulla della Sicilia, avevo solo lontani ricordi risalenti agli anni ’80, quando tutto ciò che vedi è filtrato dagli occhi della gioventù: la moto, il campeggio, il mare, il sole…oggi non potrei più ripetere la stesa vita.
L’organizzazione del viaggio è stata fatta lasciando molto all’improvvisazione, ho prenotato solo le prime 3 notti a Palermo, poi avremmo deciso in modo estemporaneo dove andare, facendoci suggerire le mete dagli interessi del momento.
Arrivati a Palermo, mi aspettavo una grande città caotica e moderna, invece ho trovato una città cosmopolita, ma che somma degrado ambientale e bellezze artistiche in pochi metri quadrati. Raramente ho visto tante opere d’arte in così poco spazio.
Eravamo alloggiati in un bed and breakfast di via Alloro (Il mezzanino del Gattopardo), situato in un palazzo d’epoca in ristrutturazione: eravamo in una situazione privilegiata, da lì ci siamo sempre mossi a piedi raggiungendo facilmente tutti i punti d’interesse,ma la via, centralissima, è ricca di meravigliosi palazzi in assoluto degrado.
Ultimamente scegliamo sempre di alloggiare nei b&b, ci sembra di vivere la vita più vera della città, si intrattengono facilmente rapporti umani e i consigli che si ricevono sono spesso più utili di quelli delle guide turistiche: anche questa volta, come lo scorso anno in Bretagna, ci siamo trovati molto bene, sia a Palermo che a Marsala (il b&b era collocato in una villa del ‘700 , si chiama “Santa Venera alla Badia”, ha un bel sito internet, ma direi che dal vero è ancora meglio…. ); in genere che decide di dedicarsi ad un b&b possiede doti di ospitalità del tutto particolari.
Seguendo il consiglio del nostro ospite, a Palermo abbiamo cenato al ristorante Santandrea (in piazza Sant’Andrea 4), dove fanno una cucina legata al territorio, ma con abbinamenti un po’ insoliti:
pappardelle con triglie, tenerumi, pomodorini e mandorle tostate:

Ravioli di pasta al nero di seppie farciti di crostacei, cavolicelli, e pomodorini, serviti con ragù di pesce, salsa di menta, prezzemolo e basilico.

Tagliata di tonno su cipolle in agrodolce con olive e capperi, più salsa al basilico

Crudo di pesce con peperoni e salsa di albicocche montata con olio di oliva:

Vino abbinato:
Etna bianco delle cantine Murgo
Altro appuntamento immancabile: la focacceria San Francesco, che, a dir la verità, mi è sembrata più un posto turistico, che veramente tipico. Anzi, non capisco perché sia un presidio slow food: la pasta alla norma era assolutamente qualunque e l’antipasto di fritti piuttosto indigesto, ma forse è solo un parere personale; finalmente ho capito cosa sono le panelle, che mi incuriosivano fin dai tempi della lettura di Sciascia (Il giorno della civetta)
arancini, panelle, panino con la milza (l’ho provato per non farmi proprio mancare niente, ma delle frattaglie posso farne a meno), caponatina (dimenticabile e unta), sfinciuni

Alla cantina “Mi manda Picone” abbiamo gustato dello zibibbo della casa vinicola Nicosia (1998)
Memorabile anche l’abbazia di Monreale, nonostante sull’autobus un professionista abile abbia ripulito le tasche del nostro amico Bruno…( che è stato fantastico ed è riuscito a non rovinarsi la giornata, ma si è adombrato solo pochi minuti….).
Mi hanno colpito anche le lumache: le vendevano ovunque, sia crude, che cotte, ma non ho avuto il coraggio di assaggiarle:

Inevitabile anche la visita ad un mercato, abbiamo scelto quello di Ballarò, perché tutti ci hanno detto che la Vucciria non è più quella di una volta:

I prezzi sono mooooolto diversi dai nostri!!!!
Tappa successiva: San Vito lo Capo: qui, purtroppo, non abbiamo trovato posto per dormire al “Pocho”, ma abbiamo comunque alloggiato a Castelluzzo, in un’adorabile pensioncina appena aperta, di sole 7 camere, con una proprietaria giovane e piena di iniziative.
La sera, però abbiamo cenato sulla terrazza del “Pocho”: la proprietaria, da giovane, lavorava come lupara ed ha una bellissima collezione di pupi della fine dell’800. Anche la sua cucina è legata al territorio, ma anche creativa. Il menù è fisso. Mi è piaciuta la zuppa di cozze ai tenerumi (che non avevo mai assaggiato) , l’arancino di riso cotto al forno in uno stampino mono-porzione, ma, soprattutto, la fettina di pesce spada, anch’essa in uno stampino impanato, contenente verdure dell’orto tagliate a quadrettino e condite con olio ed erbette varie, il tutto chiuso e infornato pochi minuti.
Il mare di San Vito è bellissimo, ma freddo.
A San Vito, la sera, al ristorante “Shiraz” abbiamo mangiato dell’ottimo cus cus alla trapanese:

E qui ho pensato a Claudia ed al suo esperimento con la ricetta di Pino Cuttaia….
Non c’è che dire il cus cus fatto a mano è un’altra cosa rispetto a quello precotto che facciamo noi di solito : non si somigliano proprio.
E, a questo punto, ovviamente, mi piacerebbe imparare…. Ma non sarà un po’ come il ricamo, che richiede tempo, innumerevoli prove ed errori, un bravo insegnante e… un DNA siciliano?
Infine, passando per Segesta, Erice, Selinunte e Mozia, arriviamo a Marsala, dove ci aspetta un b&b così bello, che decidiamo di fermarci 2 notti, anche per goderci una meravigliosa terrazza davanti ad un limoneto.
Ci è piaciuta molto l’isola di Mozia, dove abbiamo trovato una guida turistica veramente speciale, che ci ha raccontato l’isola spiegando la storia ed offrendoci emozioni.
Naturalmente il viaggio è stato molto di più di quello che ho raccontato, qui ho raccolto solo gli aspetti culinari, quelli artistici non appartengono a questo forum...