Il procedimento consiste nel far cuocere carne, dolcemente, a fuoco bassissimo, per lungo tempo in un intingolo.
I tipi di carne utilizzati per questo piatto sono i più vari, dalla selvaggina, alla carne equina e naturalmente bovina. L’animale utilizzato non deve essere troppo giovane ed il taglio di carne misto, cioè deve presentare una buona quantità di parti grasse e nervose, in base alla presenza più o meno consistente di queste parti grasse la carne può essere più o meno arricchita con l’aggiunta di ulteriore grasso il più delle volte sottoforma di lardo a striscioline o pestato con l’aggiunta di aromi ed aglio.
La pentola deve essere adatta a lunghe cotture, avere una considerevole massa e cuocere disperdendo al minimo i liquidi.
L’intingolo è composto da verdure, il liquido di cottura, in genere vino rosso, viene integrato con brodo, il tempo di cottura molto lungo, da qui il termine “stufato” nel senso che il pezzo di carne alla fine cuoce per sfinimento dovuto al tempo, oltre che per il calore.
Come dicevamo, mille ricette diverse, ma simili che seguono i gusti personali.
Parlo del mio percorso.
In genere utilizzo di rado la cacciagione, la preferenza viene rivolta a carne bovina o di asino.
Un pezzo di carne come dicevamo misto, con una discreta presenza di grasso o nervi, meglio comunque se tenera, non troppo asciutta.
Nel caso di questa ricetta ho preso del girello di manzo. Il pezzo non era molto nervoso, ho deciso di lardellarlo, ho tritato del lardo con pochissimo aglio, ho ricavato dei canali nella carne con un coltello e li ho riempiti con questo battuto.
La mia scelta per la pentola, ricade quasi sempre sulla terracotta, ideale per le lunghe cotture, ma non per rosolare, quindi il pezzo di carne lo rosolo a parte in una pentola di alluminio.

Nella terracotta a bassissima fiamma stufo le verdure.
Le verdure per l’intingolo sono quasi sempre il solito trio: cipolla, carota e sedano, tritate grossolanamente e lungamente (ma lungamente) stufate prima di introdurre la carne.

In pratica faccio nel primo periodo due cotture parallele, cuocio la carne come se fosse un arrosto con i classici odori (salvia e rosmarino).
Mentre nella pentola di terracotta stufo le verdure, quando il pezzo di carne smette di rilasciare liquidi, lo passo nella pentola delle verdure aggiungendo il sugo di cottura filtrato e privato delle erbe odorose. Continuo a stufare l’insieme e nel frattempo, metto del vino rosso, corposo, nel contenitore dove è stata rosolata la carne, lo porto ad ebollizione e poi lo verso nella pentola di terracotta in modo di farlo arrivare a contatto degli ingredienti quando è alla medesima temperatura. A questo punto aggiungo i profumi, le spezie, anche qui un trittico: sempre chiodi di garofano, bacche di ginepro e pepe, qualche volta un pezzettino-ino di cannella, sale e del buon brodo per terminare la cottura, che si protrarrà per alcune ore.
Quando ritengo che la carne sia pronta, cotta al punto giusto, la estraggo, la lascio intiepidire e poi l’affetto

A questo punto la rimetto nella pentola di terracotta, dove l’intingolo era rimasto in ebollizione. Questo passaggio consente alla carne di assumere liquidi e rimanere più idratata e morbida.

Cuocere il brasato alcune ore prima e poi scaldarlo al momento di servire rende più omogeneo il gusto e conferisce ulteriore morbidezza alla carne che nei vari passaggi dal caldo al freddo e viceversa, contrae e ridistende le fibre assorbendo i sapori e snervandosi ulteriormente.
L’accompagnamento ideale è la classica polenta o del buon purè, il vino da abbinare, un rosso corposo e robusto debitamente invecchiato.
