Origini della cucina romana
Inviato: 21/02/2004, 11:40
Inizio con queste notizie generali, con il parlarvi delle origini della cucina della mia regione, in particolare della cucina romana, che è quella della mia città. Ogni tanto metterò la storia e magari qualche leggenda legata ai piatti tipici romani e ovviamente la loro ricetta.
La cucina laziale è rappresentata in gran parte da quella romana nella quale sono convogliate tutte le specialità delle tradizioni culinarie della regione divenendo così un ricco e saporoso riassunto di una gastronomia varia nella quale compaiono apporti di zone confinanti e di altre comunità prima fra tutte quella ebraica che ha lontane radici storiche.
La fantasia dei cuochi arrangiò piatti succulenti che davano anche allo stomaco plebeo il privilegio di digestioni lente e laboriose. Fatto sta che i piatti romani più tipici sono proprio questi: la «coda di bue alla vaccinara», la «pajata» a base di interiora, i legumi, la pastasciutta.
L'abbacchio al forno, re delle mense non solo pasquali, nasce come cibo dei pastori. I sapori del Lazio appartengono, per dirla in breve, alla cultura delle circostanti campagne: sono tributari, per gli agnelli e i formaggi, dei pastori abruzzesi, per l'olio e il vino dei vicini Colli Albani e delle modeste alture sabine. Specialità legate anche alla produzione ortofrutticola delle campagne laziali dove gli ortaggi sono particolari per sapori e rigogliosità, dove alcune zone si sono specializzate e così la produzione sabina è celebrata soprattutto per l'olio d'oliva, i prodotti del Viterbese fra i quali ha un rilievo particolare la coltivazione delle nocciole, il contributo delle uve e dei vini dei Castelli Romani e dell'agricoltura ciociara, cui si sono aggiunte nel corso del secolo le risorse della piana pontina riscattata dall'abbandono e dalla malaria.
Molti piatti sono diventati ormai di dominio internazionale, come la famosa matriciana o amatriciana, di cui parleremo, la carbonara che viene riproposta anche all'estero con elaborazioni discutibilissime. Troviamo poi pietanze meno conosciute, come il garofolato tipico secondo di carne in umido, oppure le fettuccine alla papalina.
Molto usati nella cucina romana, anche i legumi, la famosa minestra di pasta e ceci o i fagioli con le cotiche. I tipici contorni come la misticanza romana che tanto sfamò i poveri delle epoche passate, le classiche puntarelle condite con aglio e acciughe, oppure gli ormai famosi carciofi alla romana e quelli alla giudia. Tra gli antipasti invece, tipici della città eterna si posso gustare gli ormai immancabili supplì, diversi dagli arancini siciliani, ma con in comune il riso, l'impanatura e la frittura.
Nell'arte dolciaria i prodotti locali sono molto pochi, di origine popolaresca legata alle festività religiose, o di origine giudaica molto più raffinata come dimostrano le offerte delle pasticcerie del ghetto.
In epoca romana la pasta fresca era conosciuta ed apprezzata, ne parla per esempio anche Orazio nelle Satire.
300 anni a. C., Aristofane, sommo commediografo greco, in una descrizione di taglio gastronomico accenna ad una pasta di frumento che ricorda l'attuale raviolo. Forse fu così antica l'origine dei panzerotti, che hanno forma simile ai ravioli, ma preparazione diversa.
Panzerotto a Roma sta indicare un oggetto rigonfio, simile ad una "panza" cioè pancia per l'appunto. Si dice anche di persona un po' cicciottella. Questa denominazione è chiaramente riconducibile alla sua forma rigonfia e ripiena.
Come pietanza è un tipico antipasto della cucina romana, non tanto conosciuto come può essere il supplì.
Panzerotti alla romana
Ingredienti:
100 gr di farina, 100 gr di groviera, 100 gr di prosciutto, 50 gr di burro, 100 gr di strutto per friggere, 3 uova, parmigiano grattugiato, sale e pepe.
Preparazione:
Tagliare il formaggio a dadini, unire il prosciutto tritato, una cucchiaiata di parmigiano, un uovo, sale e pepe. Versare su una spianatoia la farina a fontana, aggiungere un po' di sale, il burro ammorbidito e a pezzetti, due tuorli e un po' d'acqua; impastare bene, stendere con il matterello, facendo una sfoglia non troppo sottile. Ricavare dalla pasta tanti dischi e mettere su ognuno un po' del composto. Spennellare il bordo dei dischi con un po' di albume sbattuto poi richiuderli bene, formando dei fagottini. Friggerli in una padella con abbondante strutto caldo, farli dorare, scolarli e asciugarli su carta assorbente. Servirli ben caldi.
La cucina laziale è rappresentata in gran parte da quella romana nella quale sono convogliate tutte le specialità delle tradizioni culinarie della regione divenendo così un ricco e saporoso riassunto di una gastronomia varia nella quale compaiono apporti di zone confinanti e di altre comunità prima fra tutte quella ebraica che ha lontane radici storiche.
La fantasia dei cuochi arrangiò piatti succulenti che davano anche allo stomaco plebeo il privilegio di digestioni lente e laboriose. Fatto sta che i piatti romani più tipici sono proprio questi: la «coda di bue alla vaccinara», la «pajata» a base di interiora, i legumi, la pastasciutta.
L'abbacchio al forno, re delle mense non solo pasquali, nasce come cibo dei pastori. I sapori del Lazio appartengono, per dirla in breve, alla cultura delle circostanti campagne: sono tributari, per gli agnelli e i formaggi, dei pastori abruzzesi, per l'olio e il vino dei vicini Colli Albani e delle modeste alture sabine. Specialità legate anche alla produzione ortofrutticola delle campagne laziali dove gli ortaggi sono particolari per sapori e rigogliosità, dove alcune zone si sono specializzate e così la produzione sabina è celebrata soprattutto per l'olio d'oliva, i prodotti del Viterbese fra i quali ha un rilievo particolare la coltivazione delle nocciole, il contributo delle uve e dei vini dei Castelli Romani e dell'agricoltura ciociara, cui si sono aggiunte nel corso del secolo le risorse della piana pontina riscattata dall'abbandono e dalla malaria.
Molti piatti sono diventati ormai di dominio internazionale, come la famosa matriciana o amatriciana, di cui parleremo, la carbonara che viene riproposta anche all'estero con elaborazioni discutibilissime. Troviamo poi pietanze meno conosciute, come il garofolato tipico secondo di carne in umido, oppure le fettuccine alla papalina.
Molto usati nella cucina romana, anche i legumi, la famosa minestra di pasta e ceci o i fagioli con le cotiche. I tipici contorni come la misticanza romana che tanto sfamò i poveri delle epoche passate, le classiche puntarelle condite con aglio e acciughe, oppure gli ormai famosi carciofi alla romana e quelli alla giudia. Tra gli antipasti invece, tipici della città eterna si posso gustare gli ormai immancabili supplì, diversi dagli arancini siciliani, ma con in comune il riso, l'impanatura e la frittura.
Nell'arte dolciaria i prodotti locali sono molto pochi, di origine popolaresca legata alle festività religiose, o di origine giudaica molto più raffinata come dimostrano le offerte delle pasticcerie del ghetto.
In epoca romana la pasta fresca era conosciuta ed apprezzata, ne parla per esempio anche Orazio nelle Satire.
300 anni a. C., Aristofane, sommo commediografo greco, in una descrizione di taglio gastronomico accenna ad una pasta di frumento che ricorda l'attuale raviolo. Forse fu così antica l'origine dei panzerotti, che hanno forma simile ai ravioli, ma preparazione diversa.
Panzerotto a Roma sta indicare un oggetto rigonfio, simile ad una "panza" cioè pancia per l'appunto. Si dice anche di persona un po' cicciottella. Questa denominazione è chiaramente riconducibile alla sua forma rigonfia e ripiena.
Come pietanza è un tipico antipasto della cucina romana, non tanto conosciuto come può essere il supplì.
Panzerotti alla romana
Ingredienti:
100 gr di farina, 100 gr di groviera, 100 gr di prosciutto, 50 gr di burro, 100 gr di strutto per friggere, 3 uova, parmigiano grattugiato, sale e pepe.
Preparazione:
Tagliare il formaggio a dadini, unire il prosciutto tritato, una cucchiaiata di parmigiano, un uovo, sale e pepe. Versare su una spianatoia la farina a fontana, aggiungere un po' di sale, il burro ammorbidito e a pezzetti, due tuorli e un po' d'acqua; impastare bene, stendere con il matterello, facendo una sfoglia non troppo sottile. Ricavare dalla pasta tanti dischi e mettere su ognuno un po' del composto. Spennellare il bordo dei dischi con un po' di albume sbattuto poi richiuderli bene, formando dei fagottini. Friggerli in una padella con abbondante strutto caldo, farli dorare, scolarli e asciugarli su carta assorbente. Servirli ben caldi.