monasteri femminili e le 'cose di zuccaro'
La confezione di dolciumi fu una occupazione consuetudinaria delle monache (non solo napoletane), almeno tra Cinquecento e Ottocento, e creò una curiosa mappa basata sulla fama e peculiarità dei prodotti di ciascun monastero. Il 'divino amore' (dolce di pasta e mandorle) fu inventato nel convento omonimo; la pasta reale o marzapani (detti 'mattoni') nel convento di S. Maria Maddalena ed i biscotti di galera dalle consorelle agostiniane di S. Mariiaca. La torta di rosa e ricotta, farcita di panna e mirtilli, veniva sfornata dalle benedettine di S. Gregorio Armeno, in occasione della festa della Madonna dell'Idria (o della Rosa); la 'sfogliatona' di pasta frolla era confezionata nel convento di S. Maria Regina Coeli; mentre nel Monastero della SS. Trinità si produceva la torta di bocca di dama e in quello di Donnaromita le foglie di rose candite. Le clarisse di S. Chiara invece erano note per marasche sciroppate, perette in barattolo, raffioli, la frittella-zeppola e anche mostaccioli e sanguinaccio, per cui fu utilizzato il pregiato cioccolato, grazie al quale sembra che il sanguinaccio venisse consumato anche in periodo quaresimale. Oltre a lasciare in eredità alla città una ricca tradizione pasticciera, questa pratica ebbe unarilevante funzione socio-politica ed economica. Più che al normale consumo interno, la produzione dolciaria dellemonache era diretta ad usi sociali: i dolci si distribuivano in occasione di esequie oppure di una monacazione (come i raffioli delle clarisse di S. Chiara), si regalavano alle persone incaricate del 'servitio di fuora' (medici, avvocati, uomini di fatica e altri servitori, ecc.), servivano per comporre liti, guadagnarsi favori e, persino,ammansire qualcuno (come nel caso delle domenicane della Sapienza che, in occasione della rivolta di Masaniello, cercarono di proteggere la clausura offrendo in cambio dolci al popolo e ai soldati). Benché le autorità ecclesiastiche vedessero nella confezione di dolciumi una perdita di tempo, denaro e una distrazione dalla vita religiosa, per le suore invece rappresentava una via utile per fugare la 'relassatione d'osservanza'. Ma questa attività produceva loro anche ritorni economici: in momenti di crisi servì per facilitare la riscossione delle rendite del convento, e spesso la vendita di dolci commissionati dall'esterno integrava le entrate personali delle monache.Statistiche: Inviato da Ospite — 23/11/2006, 1:38
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