).
Per farla occorre del mosto addolcito con cenere, tegole di un tipo particolare o una polverina (chiamata a' miricina) che vendono le farmacie soprattutto dei paesini nel periodo della vendemmia e che non so cosa sia (se serve m'informo con i miei suoceri che non vendemmiano più solo da qualche anno). Una volta addolcito il mosto, ci sono due scuole di pensiero: una usa l'amido per un risultato più fine e l'altra preferisce la grana rustica usando pertanto il semolino. Quando si mette nei piatti per farla rassodare sopra si mettono le mandorle tostate e tritate.
Questa è la base.
Nei tempi si sono aggiunte due varianti: i fagottini di pasta ripieni di mandorle tritate e fatte cuocere insieme a mosto e semolino e le mandorle tostate sono state sostituite da alcuni dal croccante di mandorle triturato.
Io personalmente preferisco la versione tradizionale fatta con il semolino, senza fagottini e senza croccante. La bellezza di questo dolce, a mio avviso, consiste nell'unione di sapori semplici che raccontano un po' della vendemmia d'altri tempi.
In ultimo aggiungo che non sopporto la presunzione di voler migliorare con aggiunte i semplici piatti della tradizione, quelle per me sono altre ricette.
Scusate la longuette 
Se servono i particolari intervisterò i miei suoceri per voi.Statistiche: Inviato da Elena — 31/08/2009, 11:47
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